Franz Kafka era un razzista

 Buongiorno a tutti lettori miei! 

Oggi torniamo col mondo della letteratura, che ho lasciato un po' alle spalle, sia per mancanza di materiale che di tempo (in questi ultimi anni, causa tecnologia, sto diventando sempre più pigra e ci metto una vita a finire i libri che inizio). Parliamo, inoltre, di uno scrittore slavo famosissimo, uno dei più famosi nel mondo occidentale tra quelli non russi; già, perchè a occupare il podio insieme a Dostoevskij e Tolstoj c'è sempre lui nelle scuole italiane, Franz Kafka col suo Gregor Samsa. 

Prima di passare al succo polemico del post, darò un paio di informazioni di premessa su questo scrittore, così anche chi non ha mai studiato a scuola la sua storia o le sue opere, saprà meglio di chi stiamo parlando. 



Franz nasce a Praga nel tardo XIX Secolo. Sebbene le sue opere siano tutte scritte in tedesco, Kafka è stato uno scrittore di etnia boema (i boemi sono i cechi: fino al 1918 infatti, venivano chiamati così, e la Repubblica Ceca altro non era che Boemia, una regione dell'Impero Austro-Ungarico). Interessante sapere che, oltre che essere ceco, era pure un ebreo aschenazita (cosa che costò la vita alle sorelle, morte nel campo di Chelmno e Auschwitz molto più tardi), quindi un centro/est europeo davvero tipico per il tempo. 

Seppur il giovane Franz sia cresciuto a Praga, iniziò molto presto a studiare il tedesco, sia incoraggiato ma anche facilitato dai genitori, che conoscevano l'utilità di questa lingua nel mondo del lavoro, e che parlavano la lingua yddish, molto simile alla lingua teutonica. 

I genitori erano dei semplici commercianti, ma Kafka riuscì a frequentare tutte le scuole, fino al ciclo universitario, dove, come accadde a tutti i grandi scrittori, seppur frequentasse una facoltà (in questo caso parliamo di legge, scelta più che altro del padre), rimase colpito dall'ambiente letterario e si creò moltissime amicizie nel giro degli scrittori, filosofi e poeti della Praga bene. Tuttavia, Kafka non fece lo scrittore vero e proprio: dal 1907 (fine dei suoi studi) al 1917, anno della sua malattia, lavorò infatti vari settori, tra cui in una compagnia assicurativa di Trieste, cosa che lo spinse a visitare tutto il nord-Italia (arrivando fino alle zone in cui vivo io, cosa che non sapevo assolutamente!), mentre scrivere rimaneva una sorta di passatempo secondario. 


(Luogo di lavoro di Kafka)

Kafka non andò mai in guerra, in quanto, come appena accennato, durante quegli anni si ammalò di tubercolosi, cosa che gli permise di andare in pensione e di vivere "pacificamente" tra un sanatorio e l'altro fino all'anno della morte, 1924. 

Egli viaggiò tantissimo in Europa, soprattutto in centro-est, sia per diletto che per salute e viene oggi ricordato sia per le sue opere (in cui possiamo vedere pure parte della sua vita, soprattutto il conflitto perenne con il padre), che per il suo interesse alla religione ebraica, che per i suoi interessi politici, insomma: è stato un personaggio "completo", affascinante e materia di studio sotto vari punti di vista. 


(Lapide di Kafka a Zhizhikov)

La sua opera più famosa è senz'altro La Metamorfosi (in tedesco Die Verwandlung), scritta nel 1915, ma esistono moltissimi altri scritti, tra cui una vagonata di cose inedite, sperdute qua e là tra l'Europa ed Israele. Diciamo che la storia di Gregor, che si ritrova trasformato in una blatta da un giorno all'altro, è un ottimo scritto per studiare la visione del mondo di questo scrittore, per questo penso sia quello più famoso in Italia (oltre al fatto che si mormora che l'idea per scriverlo gli venne proprio qui, nelle zone di Brescia, in seguito a un brutto sogno!). 



Tuttavia, penso che non molti di voi avranno letto altri suoi racconti, dove svela un lato di sè un po' razzistello. Kafka infatti ha scritto moltissimi racconti brevi, tra cui due in particolare hanno attirato la mia attenzione, proprio perchè parlano di questa sua visione che nessuno menziona mai. La prima di queste è, senza dubbio, "Un vecchio foglio" (Ein altes Blatt), che dura la bellezza di due pagine. 

Questo scritto, oltre ad aver comunque un significato di tutto rispetto (in quanto evidenzia il lavoro della classe media che ha il compito di salvare la società con pochi mezzi, a dispetto dei ricchi che hanno tutto e non fanno nulla), si svolge in un contesto in cui lo scrittore vomita tutto il suo disprezzo nei confronti di quelli che vengono chiamati nomadi. 

I nomadi vengono quindi definiti zotici, senza cultura, sporchi, rozzi, senza rispetto nè per uomini nè per gli animali, in grado di lasciare un porcile quando passano per le strade e, per giunta, sono sempre in sovrannumero. Una descrizione desolante e raccapricciante di una classe sociale ed etnica molto presente nell'Europa di Kafka, ovvero quella dei rom. Come noi ben sappiamo, infatti, i rom sono una minoranza molto diffusa in centro-est da secoli, tanto che ancora oggi esistono, sia in Repubblica Ceca che in Slovacchia, molte zone "ghetto" in cui loro vivono e l'opinione pubblica, purtroppo, non è tanto diversa da quella dello scrittore, nemmeno oggi nel XXI Secolo.  



Tuttavia, questo racconto non è l'unico a esprimere razzismo; un altro che si trova facilmente nelle raccolte delle sue opere è "Sciacalli e arabi" (Schakale und Araber). Lungo quattro pagine, la storia di sviluppa in un deserto del Nord Africa o del Medio Oriente; protagonista è un uomo europeo che viene accompagnato da alcuni arabi. Durante la notte, però, l'uomo viene svegliato da un gruppo di sciacalli che narrano a lui della cattiveria degli arabi. 

Anche qui le parole non si risparmiano: gli arabi sono persone senza ragione, gente sporca, da fare fuori, con cui è una sventura anche solo viverci assieme. Insomma, con tutta probabilità questo racconto è metaforico, riferisce alla situazione tra ebrei e arabi, essendo stato Kafka un sionista, ma è innegabile dire che lo sprezzo si percepisca eccome. 



Questi sono racconti di poco conto, se consideriamo quel che ha scritto Kafka e la profondità di certe sue opere, quindi perchè renderle così note, soprattutto con un titolo così provocatorio, come quello che ho voluto inserire? 

Semplicemente perchè Kafka, l'ammiratissimo e amatissimo Kafka, è stato anche questo, il suo pensiero è stato anche questo, e non lo possiamo nascondere solo non leggendo queste sue pagine, facendo finta che non esistano. 

Ho voluto scrivere di lui in questo modo perchè viviamo in un periodo storico in cui si continua a minacciare di togliere dalle piazze la statua di questo o quel personaggio storico, cercando in modo patetico di cancellare la storia e il passato, mettendo la polvere sotto i tappeti, mentre esistono personaggio storici che tutti ammirano e che nella sfera privata erano ben peggiori di quel che si pensasse, Kafka è uno di questi esempi: uno di quegli scrittori che tanti leggono e stimano, ma di cui le sue opere dai contenuti più osceni si trovano solo se si va a spulciare i mercatini, in cui si può trovare la raccolta a prezzo ribassato, che nessuno compra (esattamente quello che è accaduto anche a me), scoprendo così un mondo che nessuno a scuola racconta. 

In breve, ho voluto rendere noto il pensiero più scomodo di uno scrittore, tenuto nascosto dai più ma non totalmente nascosto, per far capire che le opere e la grandezza di tali opere di uno scrittore (piuttosto che di un artista, un filosofo, uno storico ecc) vanno sempre staccate dal pensiero personale e dalla sfera privata. Kafka rimarrà uno degli scrittori slavi più famosi ed apprezzati al mondo, baluardo della cultura letteraria ceca, sebbene il suo razzismo si possa palpare in certi suoi scritti e si possa assolutamente non condividere. 

Od vasa Samantocka









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