Karel Čapek, lo scrittore cecoslovacco che ha inventato i robot

Buongiorno a tutti lettori, ako sa mas? Spero tutto bene!
Oggi, per la mia rubrica artistica, parliamo di uno scrittore pressoché sconosciuto in Italia e che, io stessa, ho scoperto poco tempo fa entrando in biblioteca e spulciando quegli scaffali di letteratura straniera che nessuno guarda mai. Tra i vari volumi di scrittori famosi e largamente studiati, ho trovato questo piccolo libricino di circa 130 pagine scritto da un certo Karel Čapek, che mi ha subito incuriosita.

(Foto di Karel Capek)

Questo scrittore fa parte della corrente post - romantica cecoslovacca, ma al contrario di Kafka (che più o meno operò nei suoi stessi anni) non viene mai accennato nelle scuole, a meno che non si frequentino corsi universitari di letteratura ceca. Per questo motivo ho deciso di parlarne, in modo tale da poter portare alla luce due sue opere famose, tra cui una che dovremmo conoscere tutti, dato che, attraverso essa, Capek ha inventato un nome e un concetto che oggi viene sempre più utilizzato.

Karel Capek nasce nel 1890 a Male Svatonovice, in Repubblica Ceca, parte dell'allora impero Austro-Ungarico, probabilmente da una famiglia ebrea (non sono sicura di questo ma è probabile sia così essendo che parte della sua famiglia fu vittima del nazismo). Studia filosofia a Praga e diviene poi un giornalista. E' assieme al fratello, altrettanto famoso, Josef, che inizia a muovere i suoi primi passi come drammaturgo e scrittore. Nel 1916 entrambi partono per un viaggio a Parigi, dove rimangono estremamente affascinati dalla corrente cubista, tanto da portare e diffondere il movimento anche in Patria.

(Una foto dei due fratelli, a destra Josef e a sinistra Karel)

La sua attività letteraria inizia nel 1920 per concludersi verso il 1936, quando Hitler stava iniziando a prendere sempre più potere in Europa Centrale. Karel muore due anni dopo a Praga, nella disperazione, mentre il fratello muore qualche anno dopo nel campo di concentramento Bergen-Belsen.

Nell'arco della sua vita, Capek si avvicina a più generi letterarie e a più correnti: è stato senza dubbio uno scrittore 'poliedrico'. Sappiamo che egli ha scritto opere teatrali (è infatti conosciuto per lo più come drammaturgo), guide turistiche, racconti, romanzi, poesie e perfino un manuale di giardinaggio. E' inoltre stato un traduttore, il primo che tradusse in cecoslovacco le opere dei grandi artisti francesi del tempo, come Apollinaire e Baudleaire.  Le due opere di cui parlerò io sono una raccolta di racconti, che si chiama Racconti Tormentosi, e la sua opera teatrale più famosa, ovvero R.U.R., I robot universali di Rossoum.





Partiamo dunque subito parlando di Racconti Tormentosi (che, come potete vedere dall'immagine qui sopra, in ceco è Trapne Povidky). Già dal titolo e dall'immagine in copertina che ho voluto riprendere, si può capire come questi racconti siano stati scritti in chiave pessimistica. Il pessimismo e il realismo sono due correnti che hanno influenzato molto l'autore, e che hanno portato alla produzione di questa piccola raccolta, composta da 9 racconti, ognuno non più lungo di dieci paginette, scritti nel 1921.
Ovviamente non starò qui a raccontarvi o riassumervi ciò che ho letto (anche perchè parte del mio lavoro qui è anche invogliarvi alla lettura), bensì vi mostrerò brevemente la visione del mondo che Capek aveva quando scrisse quest'opera e le sensazioni che se ne ricavano leggendola.

Tutti questi racconti sono ambientati in Repubblica Ceca, nei pressi di Praga o direttamente nella città e come protagonisti sono descritte figure del ceto medio-basso. Si deve sempre tenere conto che ci troviamo nell'era dell'industrializzazione crescente, cosa che si ricollega anche a R.U.R. e che contribuisce all'omologazione e all'alienazione delle persone come individui, che diventano delle macchine dello Stato e dell'industria. Tuttavia, il realismo che permette a Capek di poter scrivere questi racconti si basa per lo più su questioni interiori dell'animo umano, situazioni personali che ci tormentano e che nell'opera sono per lo più legati all'economia e alla sfera affettiva.

(Tormento di Licini; ho voluto postare questo quadro perchè mi trasmette esattamente la sensazione di noia e impotenza che si ripete nell'opera di Capek)

Questi racconti sono stati scritti secondo me talmente bene che in ogni singola pagina si può percepire l'angoscia dei protagonisti, la loro frustrazione e il loro disagio, che possono sviscerare ed ammettere in modo deciso e liberamente solo a se stessi, per evitare di mettersi in cattive situazioni col resto del mondo e della società che li circonda, o di risultare senza dignità agli occhi degli altri (ecco perchè si può parlare di realismo sociale).
In sette dei nove racconti abbiamo come figure importanti delle donne, donne grette, donne traditrici, donne frivole e spregevoli, che vengono secondo me descritte in un misto tra desiderio di emancipazione, desiderio di indipendenza e frustrazione nel non poter realizzare loro stesse a pieno. La figura della donna prostituta o traditrice viene ripresa più volte, e viene sempre accostata a figure di omuncoli che sottostanno alla loro volontà, tanto da risultare senza dignità e dei miserabili, laddove all'esterno, nella società sono anche ben visti o ben accettati. Queste donne tradiscono i mariti sotto i loro occhi, addirittura hanno dei figli bastardi o ricevono soldi senza che il partner in alcun caso le malmeni o cerchi di impedire la cosa. Inoltre queste donne sono scaltre, furbe...anche quando sono loro stesse a far torto e vengono colte sul fatto diventano le vittime, si trasformano e si ribellano, mettono in giro false voci. Quando la donna non è prostituta allora è frustrata, chiusa in una gabbia d'oro dalla quale vorrebbero fuggire ma non può per volontà altrui, per piani più grandi di loro, incatenate al denaro e all'agiatezza economica.

(Rubens in questo dipinto raffigura la donna annoiata, accanto a un uomo di cui poco sembra interessarle, in un luogo dove non vorrebbe essere, come tante delle protagoniste di Capek)


Legato al concetto della 'gabbia d'oro', dell'essere legati inesorabilmente al dio denaro e al buon nome nella società si collega il penultimo racconto, in cui il protagonista (questa volta uomo e, guardate caso, con lo stesso nome dell'autore) si libera con il fratello dei suoi più intimi pensieri; solo grazie a questo racconto noi possiamo capire quel che vuole intendere Capek con tutta l'opera in sè: l'animo umano è gretto, l'uomo sta meglio nella sua bassezza naturale che nella sua agiatezza sociale costruita. L'essere umano intelligente, colto, con titoli di studio e un buon lavoro è la stessa persona, nel suo profondo, di chi ruba, si prostituisce e fa le elemosina, e a volte ha bisogno di circondarsi proprio della grettezza, della 'lercitudine' (come viene chiamata nel libro), della malattia e della povertà per sentirsi davvero vivo, poichè sono gli obblighi morali e sociali a gettare l'essere umano nella frustrazione e nella depressione. Coloro che vivono nella miseria sono liberi, coloro che vivono integrati nella società sono incatenati ai loro doveri.
L'ultimo capitolo riassume brevemente un altro pensiero dell'autore riguardante il mondo e la società, un pensiero che a mio parere richiama un po' il pessimismo di Leopardi: in questo mondo non c'è legge, non c'è giustizia, non c'è coscienza, non c'è Dio...c'è solo l'Universo, di cui tutti, miserabili o meno, facciamo parte e che ci guarda, impassibile, nella nostra stanchezza, nel nostro dolore e nella nostra noia.

(Teniers, Festa Popolare; il dipinto raffigura una taverna, luogo che in uno dei racconti di Capek racchiude tutto ciò che sono i più bassi istinti dell'uomo)

A mio parere questo libricino è una delle opere più rappresentative del pessimismo e del realismo che si possa leggere ed è, soprattutto, molto vero e attuale; se l'argomento vi interessa vi consiglio caldamente di leggerlo perchè è molto breve e scritto veramente bene.



(Locandina dell'opera teatrale R.U.R.  di New York, 1939)

Di ben diversi generi ed influenze è l'opera R.U.R., senza dubbio quella più famosa dell'autore. Come è già ben visibile dalla locandina, l'opera ha subìto senza alcun dubbio le influenze del futurismo; di fatti R.U.R. è stato scritto nel 1920, proprio in pieno periodo della corrente. Il genere spazia dalla fantascienza alla satira, dal drammatico all'utopico.

La sigla che compone il nome del dramma sta per Rossumovi univerzalni roboti, che ho già tradotto precedentemente, e parla di un folle inventore (ovvero Rossum) che decide di creare esseri artificiali in modo da sostituire i lavoratori umani nelle industrie. Questi esseri (che sono umanoidi organici e non oggetti di metallo come noi ce li possiamo figurare) prendono il nome di Roboti, dalla parola Robota, che in ceco significa 'lavoro'. Da qui ecco l'invenzione della famosissima parola 'robot' (che in realtà è attribuita al fratello, Jozef Capek) che oggi noi utilizziamo come 'anglicismo', quando nella realtà dei fatti è una parola di derivazione puramente slava!
Quest'opera è fondamentale e di grandissima importanza nel panorama letterario e teatrale ceco perchè sembrerebbe avere predetto in parte il futuro. Oggi è realtà l'utilizzo di macchinari che sostituiscono gli uomini nelle fabbriche, nel 1920 solo mera immaginazione futuristica e fantascientifica.
Senza dilungarmi troppo (anche perchè di quest'opera esistono manoscritti, riprese di rappresentazioni teatrali reperibili e anche un breve corto di 35 minuti in bianco e nero -preciso, praticamente una delle prime trasposizioni cinematografiche di fantascienza), l'opera risulta essere alla fine drammatica, perchè i robot, proprio come nelle nostre odierne e peggiori previsioni, iniziano a ribellarsi agli uomini, spazzando via il genere umano che ormai ha perso interesse nello sviluppo stesso dell'umanità, evolvendosi e rimpiazzando la nostra razza.

(Scena teatrale di R.U.R. in cui i roboti uccidono gli umani)

Probabilmente, se negli anni '20 del secolo scorso l'utilizzo dei robot era solo fantascienza, chissà che un domani la loro conquista del pianeta non diventi realtà! ;)
Al di là di ciò, spero di avervi aperto le porte di un mondo che, anche se in Italia al di là del nostro famosissimo Gregorio Samsa non è conosciuto, è senza dubbio interessante e pieno di risorse, ovvero il mondo della letteratura ceca e slovacca!
Vi auguro veramente di avere la voglia di leggere qualcosa di Karel Capek e vi auguro anche una buona giornata!
Od vasa Samantocka.



Link utili:
https://it.wikipedia.org/wiki/Karel_%C4%8Capek;
http://www.guggenheim-venice.it/collections/artisti/biografia.php?id_art=198;
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/08/21/sopravvivere-ai-robot.066.html;
https://it.wikipedia.org/wiki/R.U.R.













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